ANALITICO O GLOBALE?

Non basta quindi saper fare (tecnica) serve soprattutto saper scegliere (tattica).

A cura di Dario Fiumanò istruttore abilitato Uefa C e Uefa B.

Metodo analitico o metodo situazionale? Deduttivo o induttivo? Lavoro a secco o con la palla?

Negli ultimi anni il dibattito tra i tecnici si concentra tantissimo sulla metodologia da applicare nelle sedute di allenamento.
Proviamo ad approfondire il primo quesito.
Iniziamo a capire meglio cosa intendiamo con il termine “analitico” e cosa con il termine “situazionale”.

Da sempre a scuola calcio siamo stati abituati a sedute di allenamento che prevedevano una prima fase di attivazione, poi una di affinamento tecnico e poi solo in fine ci si approcciava ad una situazione specifica del gioco del calcio cioè la partitella.
Alla base di tutto ciò vi era la convinzione che per avere in campo un giocatore che sapesse gestire le più svariate situazioni di gioco, ci voleva anzitutto un giocatore che sapesse dominare la palla.

Ecco spiegate le tantissime ore di allenamento dedicate testa bassa alla palla. Se parliamo di metodo analitico quindi parliamo di un metodo che preveda l’analisi del gesto tecnico, scomposto in ogni suo movimento e affinato in situazioni semplici, in cui il giocatore può rivolgere tutta la sua attenzione sul gesto tecnico senza disturbi esterni. Solitamente queste esercitazioni non prevedono compagni di squadra o avversari e ci si concentra soltanto sulla palla, curando al meglio il gesto tecnico. Vi torneranno in mente sicuramente: gli slalom, i palleggi, i passaggi contro il muro e così via. queste tipo di esercitazioni rientrano nel metodo ANALITICO.

A questo punto non posso non introdurre una figura emblematica che per primo provò a scomporre il gesto tecnico, analizzarlo ed infine insegnarlo, ovvero Wiel Coerver.

Wiel Coerver

L’ex calciatore olandese una volta smesso di giocare iniziò la sua carriera da allenatore e sviluppò il famoso “metodo Coerver” o “Coerver Coaching”.

Iniziò ad analizzare i grandi giocatori attraverso dei video e arrivò alla conclusione che molte delle loro abilità nell'”uno contro uno” e nel controllo di palla potessero essere sezionate ed insegnate a molti giocatori. Da queste poche mosse dei grandi giocatori, concepì poi centinaia di esercizi individuali,di piccoli gruppi e giochi che formarono le basi dei prodotti e degli eventi del Coerver Coaching, una scuola calcistica che si è diffusa poi in tutto il mondo e che ancora oggi viene praticata.
Realizzò uno schema piramidale che quindi parte dalle basi tecniche per arrivare in modo graduale a situazioni più complesse.

La piramide dell’apprendimento, base del metodo Coerver.

Fin qui tutto giusto, ma quanti compagni di squadra abbiamo conosciuto che pur avendo un’ottima tecnica non la sapessero poi mettere in campo in funzione del gioco? Quanti dei nostri compagni molto dotati tecnicamente sembravano scomparire una volta iniziata la partita? E ancora quanti dei giocolieri che vediamo affollare i social in realtà non hanno mai calcato un campo di gioco?
Basterebbe pensare a tutto questo per capire che non basta avere una grande tecnica per saper giocare bene a calcio. E allora, ha senso svolgere per anni esercitazioni di tipo analitico decontestualizzate dal gioco reale? Non sarebbe meglio sviluppare capacità tecniche specifiche al gioco e quindi allenarle nel contesto stesso del gioco?

A questo punto non posso non parlare di un altro personaggio emblematico che racchiude in se un concetto diametralmente opposto al metodo analitico, lo spagnolo Oscar Cano, allenatore professionista che nel 2013 pubblicò il libro “Il gioco di posizione del Barcellona”.

Oscar Cano.

Negli ultimi anni dopo l’avvento del TIKI TIKA firmato Guardiola si è diffuso un nuovo pensiero calcistico, secondo il quale le componenti tecniche dei giocatori non possono essere allenate al di fuori del contesto di gioco. Se il mio obiettivo è quello di formare un giocatore che sappia risolvere le più svariate situazioni che il gioco può presentare, dovrò quindi allenarlo in situazioni complesse molto simili alle condizioni del gioco stesso, quindi in situazione, da qui il termine SITUAZIONALE (GLOBALE).

Ho avuto la possibilità di assistere ad un corso tenuto in Italia da Oscar Cano, oggi allenatore del Deportivo de La Coruña, ho trovato molto interessante la sua metodologia basata sul metodo situazionale che enfatizza tantissimo i giochi di posizione.
Ci ha spiegato che Xavi non era alto, ne forte fisicamente, non molto veloce e neanche un abile dribblatore, se analizzato al di fuori del contesto di gioco sarebbe stato quindi scartato, la differenza quindi non la fa la tecnica fine a se stessa ma la tecnica applicata al contesto di gioco.

Si parla di metodo GLOBALE per tutte quelle esercitazioni che prevedono un’interazione non solo con la palla ma anche con compagni e avversari (solitamente superiori al 3vs3), in una situazione che quindi non sarà semplice ma viene definita complessa come: giochi di posizione, possessi palla, partite a tema, small sided games, rondò e così via.

Anche in questo va tutto bene, soprattutto se ci si trova ad allenare in società professionistiche o di adulti, dove ogni singolo giocatore è selezionato oppure ha già acquisito una discreta padronanza del gesto tecnico, ma può capitare di trovarsi ad allenare un gruppo di giocatori non completamente definito dal punto di vista tecnico, in cui potrebbe diventare davvero difficile svolgere esercitazioni complesse a causa delle continue interruzioni in seguito ad errori tecnici di controllo e precisione dei passaggi.

In conclusione, QUALE METOTODO UTILIZZARE?

Così come ogni allenatore deve saper scegliere il modulo in base alla squadra a sua disposizione, ogni istruttore e ogni allenatore deve conoscere e comprendere tutte le metodologie a sua disposizione e utilizzare quelle più idonee al contesto squadra a sua disposizione.

A mio avviso una volta acquisite le basi tecniche sarà più idoneo svolgere esercitazioni situazionali, ricordiamoci che la tecnica verrà comunque allenata così come veniva allenata e perfezionata nei pomeriggi in cui si giocava in cortile con ragazzi più grandi e più dotati, non abbiate paura di inserire nello stesso contesto ragazzi meno dotati, una componente umana molto importante per l’apprendimento lo svolgono i neuroni a specchio.

I neuroni a specchio sono una classe di neuroni motori che si attiva involontariamente sia quando un individuo esegue un’azione finalizzata, sia quando lo stesso individuo osserva la medesima azione finalizzata compiuta da un altro soggetto.

Se vuoi approfondire il tema dei neuroni a specchio ti consiglio questo libro .

Se posso darvi un consiglio spassionato NON iscrivete vostro figlio ai corsi tenuti da queste nuove figure che si fanno chiamare Skills Coach, imparare a fare i prestigiatori con la palla può aiutare solo i giocolieri da circo e non chi vuole giocare a calcio.