ANALITICO O GLOBALE?

Non basta quindi saper fare (tecnica) serve soprattutto saper scegliere (tattica).

A cura di Dario Fiumanò istruttore abilitato Uefa C e Uefa B.

Metodo analitico o metodo situazionale? Deduttivo o induttivo? Lavoro a secco o con la palla?

Negli ultimi anni il dibattito tra i tecnici si concentra tantissimo sulla metodologia da applicare nelle sedute di allenamento.
Proviamo ad approfondire il primo quesito.
Iniziamo a capire meglio cosa intendiamo con il termine “analitico” e cosa con il termine “situazionale”.

Da sempre a scuola calcio siamo stati abituati a sedute di allenamento che prevedevano una prima fase di attivazione, poi una di affinamento tecnico e poi solo in fine ci si approcciava ad una situazione specifica del gioco del calcio cioè la partitella.
Alla base di tutto ciò vi era la convinzione che per avere in campo un giocatore che sapesse gestire le più svariate situazioni di gioco, ci voleva anzitutto un giocatore che sapesse dominare la palla.

Ecco spiegate le tantissime ore di allenamento dedicate testa bassa alla palla. Se parliamo di metodo analitico quindi parliamo di un metodo che preveda l’analisi del gesto tecnico, scomposto in ogni suo movimento e affinato in situazioni semplici, in cui il giocatore può rivolgere tutta la sua attenzione sul gesto tecnico senza disturbi esterni. Solitamente queste esercitazioni non prevedono compagni di squadra o avversari e ci si concentra soltanto sulla palla, curando al meglio il gesto tecnico. Vi torneranno in mente sicuramente: gli slalom, i palleggi, i passaggi contro il muro e così via. queste tipo di esercitazioni rientrano nel metodo ANALITICO.

A questo punto non posso non introdurre una figura emblematica che per primo provò a scomporre il gesto tecnico, analizzarlo ed infine insegnarlo, ovvero Wiel Coerver.

Wiel Coerver

L’ex calciatore olandese una volta smesso di giocare iniziò la sua carriera da allenatore e sviluppò il famoso “metodo Coerver” o “Coerver Coaching”.

Iniziò ad analizzare i grandi giocatori attraverso dei video e arrivò alla conclusione che molte delle loro abilità nell'”uno contro uno” e nel controllo di palla potessero essere sezionate ed insegnate a molti giocatori. Da queste poche mosse dei grandi giocatori, concepì poi centinaia di esercizi individuali,di piccoli gruppi e giochi che formarono le basi dei prodotti e degli eventi del Coerver Coaching, una scuola calcistica che si è diffusa poi in tutto il mondo e che ancora oggi viene praticata.
Realizzò uno schema piramidale che quindi parte dalle basi tecniche per arrivare in modo graduale a situazioni più complesse.

La piramide dell’apprendimento, base del metodo Coerver.

Fin qui tutto giusto, ma quanti compagni di squadra abbiamo conosciuto che pur avendo un’ottima tecnica non la sapessero poi mettere in campo in funzione del gioco? Quanti dei nostri compagni molto dotati tecnicamente sembravano scomparire una volta iniziata la partita? E ancora quanti dei giocolieri che vediamo affollare i social in realtà non hanno mai calcato un campo di gioco?
Basterebbe pensare a tutto questo per capire che non basta avere una grande tecnica per saper giocare bene a calcio. E allora, ha senso svolgere per anni esercitazioni di tipo analitico decontestualizzate dal gioco reale? Non sarebbe meglio sviluppare capacità tecniche specifiche al gioco e quindi allenarle nel contesto stesso del gioco?

A questo punto non posso non parlare di un altro personaggio emblematico che racchiude in se un concetto diametralmente opposto al metodo analitico, lo spagnolo Oscar Cano, allenatore professionista che nel 2013 pubblicò il libro “Il gioco di posizione del Barcellona”.

Oscar Cano.

Negli ultimi anni dopo l’avvento del TIKI TIKA firmato Guardiola si è diffuso un nuovo pensiero calcistico, secondo il quale le componenti tecniche dei giocatori non possono essere allenate al di fuori del contesto di gioco. Se il mio obiettivo è quello di formare un giocatore che sappia risolvere le più svariate situazioni che il gioco può presentare, dovrò quindi allenarlo in situazioni complesse molto simili alle condizioni del gioco stesso, quindi in situazione, da qui il termine SITUAZIONALE (GLOBALE).

Ho avuto la possibilità di assistere ad un corso tenuto in Italia da Oscar Cano, oggi allenatore del Deportivo de La Coruña, ho trovato molto interessante la sua metodologia basata sul metodo situazionale che enfatizza tantissimo i giochi di posizione.
Ci ha spiegato che Xavi non era alto, ne forte fisicamente, non molto veloce e neanche un abile dribblatore, se analizzato al di fuori del contesto di gioco sarebbe stato quindi scartato, la differenza quindi non la fa la tecnica fine a se stessa ma la tecnica applicata al contesto di gioco.

Si parla di metodo GLOBALE per tutte quelle esercitazioni che prevedono un’interazione non solo con la palla ma anche con compagni e avversari (solitamente superiori al 3vs3), in una situazione che quindi non sarà semplice ma viene definita complessa come: giochi di posizione, possessi palla, partite a tema, small sided games, rondò e così via.

Anche in questo va tutto bene, soprattutto se ci si trova ad allenare in società professionistiche o di adulti, dove ogni singolo giocatore è selezionato oppure ha già acquisito una discreta padronanza del gesto tecnico, ma può capitare di trovarsi ad allenare un gruppo di giocatori non completamente definito dal punto di vista tecnico, in cui potrebbe diventare davvero difficile svolgere esercitazioni complesse a causa delle continue interruzioni in seguito ad errori tecnici di controllo e precisione dei passaggi.

In conclusione, QUALE METOTODO UTILIZZARE?

Così come ogni allenatore deve saper scegliere il modulo in base alla squadra a sua disposizione, ogni istruttore e ogni allenatore deve conoscere e comprendere tutte le metodologie a sua disposizione e utilizzare quelle più idonee al contesto squadra a sua disposizione.

A mio avviso una volta acquisite le basi tecniche sarà più idoneo svolgere esercitazioni situazionali, ricordiamoci che la tecnica verrà comunque allenata così come veniva allenata e perfezionata nei pomeriggi in cui si giocava in cortile con ragazzi più grandi e più dotati, non abbiate paura di inserire nello stesso contesto ragazzi meno dotati, una componente umana molto importante per l’apprendimento lo svolgono i neuroni a specchio.

I neuroni a specchio sono una classe di neuroni motori che si attiva involontariamente sia quando un individuo esegue un’azione finalizzata, sia quando lo stesso individuo osserva la medesima azione finalizzata compiuta da un altro soggetto.

Se vuoi approfondire il tema dei neuroni a specchio ti consiglio questo libro .

Se posso darvi un consiglio spassionato NON iscrivete vostro figlio ai corsi tenuti da queste nuove figure che si fanno chiamare Skills Coach, imparare a fare i prestigiatori con la palla può aiutare solo i giocolieri da circo e non chi vuole giocare a calcio.

Attivazione di tecnica funzionale

A cura di Dario Fiumanò tecnico abilitato Uefa C e Uefa B.

  1. Premessa
  2. Disposizioni generali

Premessa

Quando parliamo di tecnica funzionale parliamo appunto della tecnica in funzione del contesto di gioco e non in modo analitico (ne ho già parlato qui).

Questo tipo di attivazione si è molto diffusa negli ultimi anni, perché consente di ottimizzare i tempi svolgendo una triplice funzione: attiva i muscoli, cura l’aspetto tecnico e va a toccare anche alcuni aspetti tattici.

Ovviamente in base ai principi di gioco di ogni allenatore possiamo modificare la circolazione della palla, in immagine vi è un esempio canonico con la classica sovrapposizione e incrocio di ala e punta, ma possiamo divertirci a creare situazioni sempre diverse.

Tra le cose più interessanti vi è l’assimilazione inconscia di soluzioni in contesti di gioco differenti, come una vera e propria codifica della giocata in una determinata situazione. Trattandosi di attivazione e non di una vera propria seduta tattica specifica, faremo ruotare i giocatori nelle diverse posizioni di campo, aspetto da non sottovalutare in un calcio che richiede sempre di più giocatori assoluti capaci di ricoprire più ruoli. Nella rotazione il centrale di difesa si troverà ad impostare, sovrapporsi e ad attaccare la porta acquisendo maggiore consapevolezza e migliorando le diverse letture del gioco in base alla posizione che si troverà ad occupare. Inoltre ricordiamoci che ad inizio allenamento la mente è più riposata, ed ha una maggiore capacità di assimilare informazioni. (Molti allenatori svolgevano la seduta tattica a freddo prima di iniziare l’allenamento)

Disposizioni generali

Per questo tipo di esercitazione, tempi, spazi e numero dei giocatori è a completa discrezione dell’allenatore, ricordandoci che per effettuare la rotazione in modo corretto bisognerà disporre almeno un elemento in più delle postazioni a nostra disposizione, per avere subito il ricambio nel punto in cui parte l’azione, come da esempio in figura.

L’azione parte dal numero 2 e si sviluppa in senso antiorario.
Successivamente partirà dal numero 8 effettuando una rotazione delle postazioni in senso antiorario e così via.

Se volessimo effettuare contemporaneamente l’esercitazione in 2 sensi diversi per utilizzare entrambe i piedi si può svolgere l’esercitazione su 2 campi differenti

Ricordiamoci di curare bene ogni aspetto tecnico ed ogni singolo gesto dei ragazzi come:

  • Contromovimento prima della ricezione della palla;
  • Giusta postura del corpo a coprire la palla da eventuali avversari;
  • Controllo orientato nel modo corretto (eventualmente spiegare le differenze tra un controllo chiuso e uno aperto);
  • Servizio della palla col piede corretto (eventuale spiegare la differenza in termini di velocità della frequenza tra un piede e l’altro);
  • Rispettare i tempi di gioco nel momento della sovrapposizione;
  • richiedere la mezzaluna della punta;
  • Curare i tempi del taglio dell’ala opposta al cross;
  • Richiamare l’attenzione sulla cura del gesto tecnico (passare bene la palla).

Attacco contro difesa

A cura di Dario Fiumanò istruttore qualificato UEFA C e UEFA B.

  1. Premessa
  2. Obiettivo .Fase difensiva:
  3. Obiettivo. Fase offensiva;
  4. Disposizioni generali:
  5. Regole:
  6. Variante:

Premessa

Uno dei concetti che secondo me andrebbe applicato quando si allena, soprattutto negli ultimi livelli dell’agonistica (allievi e Juniores) è la “SCOMPOSIZIONE”, intesa come semplificazione e scorporazione di un segmento facente parte di un sistema più complesso. Fin qui si capisce poco e proverò a spiegarmi meglio.
Seguendo la scuola di pensiero spagnola e parafrasando Óscar Cano “non possiamo decontestualizzare il gesto tecnico dalla situazione di gioco”, quindi avrebbe poco senso allenare il gesto tecnico in modo analitico in situazioni semplificate ( il calciatore e la palla) quando il gioco del calcio è un insieme di situazioni più complesse (calciatore, compagni, palla, avversari, spazi specifici e tempi di gioco specifici). Ergo sarebbe meglio allenare il gesto tecnico in situazioni complesse, come i possessi e i giochi di posizione per esempio a cui sono molto legato. Questo vale soprattutto per quando riguarda la tecnica. E quando si lavora su aspetti tattici?
Nel caso della tattica invece in una fase iniziale di apprendimento preferisco scorporare la complessità del gioco, partendo da una situazione semplificata e man mano riportarla alla situazione più complessa, ovvero la partita stessa.
Mi capita in precampionato per esempio  di lavorare con alcuni reparti in modo separato per poi accorparli, aumentando la complessità gradualmente.
Per esempio, in una seduta in cui abbiamo lavorato in modo separato con il reparto difensivo e poi con il reparto offensivo possiamo prima della partita finale provare a fare una partita a tema come quella che vi mostrerò.

Obiettivo .Fase difensiva:


In questa esercitazioni possiamo ritrovarci tutti i principi alla base del calcio, sia dal punto di vista offensivo che difensivo. In fase difensiva la difesa a 4 si troverà a dover difendere sotto numero e da reparto, mentre la squadra in sovrannumero dovrà applicare il pressing una volta persa palla.
Qui entra in campo un altro concetto importante nel calcio ovvero l’ ESASPERAZIONE. In allenamento è giusto tendere ad esasperare alcune situazioni, portarle al limite, anche se non si verificheranno in partita, per provare ad averne un riscontro, magari più mitigato in partita. State attenti a non esagerare con le situazioni di attacco contro difesa di questo tipo, c’è il rischio che una difesa abituata a difendere sottonumero tenda col tempo ad abbassarsi troppo e a restare molto stretta anche in partita perdendo l’aggressività e la capacità di rompere la linea.

Obiettivo. Fase offensiva;

Anche in fase offensiva (di possesso) tocchiamo i vari aspetti del gioco. Vi è una prima fase di impostazione, con la difesa in uscita dal pressing, una seconda fase di costruzione con il centrocampo che riceve dai difensori e dialoga per portare la palla agli attaccanti e una ultima fase di rifinitura e affondo con gli attaccanti che dialogano per andare a finalizzare l’azione.

Disposizioni generali:

Per questo tipo di esercitazione serviranno 22 giocati per ricreare 2 squadre con moduli speculari. Utilizziamo solo una porzione del campo utilizzando una metà campo per intero e l’altra fino al limite dell’area come in figura. Dividiamo il campo in 3 settori 2 più grandi separati in mezzo da una striscia di campo che utilizzeremo come zona franca.

Regole:

Le regole sono molto semplici da una parte avremmo 3 centrocampisti e 3 attaccanti che proveranno a fare goal contro 4 difensori schierati.

Se la difesa riesce a recuperare palla, dovrà provare ad uscire dal pressing e servire i 3 centrocampisti compagni di squadra che aspetteranno nella zona franca.

In questa zona non possono essere raggiunti dagli avversari, questo è l’elemento semplificatore che aiuterà il mantenimento del possesso palla e faciliterà la fase di costruzione.

Mentre la squadra avversaria attacca i 3 centrocampisti che stanno difendendo si dovranno a loro volta recare all’interno della zona franca e così via.


L’evoluzione dell’esercitazione sarà quella di eliminare la zona franca e passare ad una partita vera e propria, passando da una situazione semplificata ad una più complessa per il concetto di cui si parlava ad inizio articolo.

Variante:

Si può modificare il numero dei giocatori o il modulo in base alle esigenze della squadra. Si può anche in una prima fase dividere le squadre e far uscire i difensori dal pressing per andare a meta oppure inserire delle porticine in cui segnare, mimando un passaggio che tagli la prima linea di pressing come in figura. Quest’ultima soluzione può essere anche vista come l’esercitazione che precede quella di cui abbiamo parlato sopra.

In figura le 2 varianti: con meta e con porticine.

Possesso palla orientato 6vs6 + 6 jolly+ 2 portieri

A cura di Dario Fiumanò istruttore abilitato Uefa B e Uefa C

  1. Principio:
  2. Aspetto condizionale:
  3. Disposizioni generali:
  4. Regole:
  5. Variante:

Principio:

Gestione palla, smarcamento, marcamento, rifinitura.
A differenza dei normali possessi palla in cui l’obiettivo è il mantenimento della palla per più tempo possibile, quando il gioco viene orientato come in questo caso l’obiettivo diventa duplice: fare goal e non prenderlo. Io personalmente preferisco i giochi orientati perché molto più simili ad una situazione di gioco reale.

Aspetto condizionale:


A seconda delle dimensioni questo tipo di esercitazione può essere utilizzata dopo l’attivazione quindi non richiede necessariamente il sollecitamento di un aspetto condizionale specifico.

Disposizioni generali:

Disponiamo 2 squadre da 6 elementi più 2 portieri che restano fissi in un campo di dimensioni 30mx32m (circa), agevolando la squadra che si trova in possesso con altri 6 elementi disposti come in figura: 6 fuori (2 per lato dietro le porte e 1 per lato sugli esterni). Si raccomanda di fare le squadre equilibrate e di avere a disposizione casacche di colore diverso per svolgere le rotazioni delle squadre nel più breve tempo possibile. Si può utilizzare questo tipo di esercitazione dai giovanissimi fino ad una prima squadra regolando dimensioni, intensità e minutaggio.                 

Regole:

Le squadre svolgono una partita a pressione o alta intensità che dir si voglia, con la possibilità di usufruire delle sponde esterne. Per segnare però bisognerà realizzare un tiro di prima intenzione su passaggio ricevuto da una delle sponde disposte dietro le porte. Al termine della prima partita la squadra sponda entra dentro e una delle 2 squadre che si trovava all’interno esce a fare da squadra sponda e così via. Quando si svolgono questo tipo di partite bisogna dosare bene il tempo per non sovraccaricare i giocatori.

Variante:

In base ai giocatori a vostra disposizione e agli aspetti condizionali da toccare in seduta potete aumentare il numero dei giocatori o le dimensioni del campo. Di seguito alcune varianti in base ai giocatori a vostra disposizione.

variante per 22 giocatori. 6 vs 6 + 6 +2 portieri e 2 jolly.

variante per 23 giocatori: 7 vs 7 + 7 + 2 portieri

variante per 22 giocatori con un solo portiere: 7 vs 7 + 7 + 1 portiere

Possesso palla a 3 squadre (5vs5 + 5 jolly/ 6vs6 + 6 jolly)

A cura di Dario Fiumanò istruttore abilitato Uefa B e Uefa C.

  1. Principio:
  2. Aspetto condizionale:
  3. Disposizioni generali:
  4. Regole:
  5. Variante:
5vs5 + 5 jolly.

Principio:

Gestione palla. Come in tutti i possessi l’aspetto fondamentale è la gestione gestione della palla. Ovviamente oltre alle capacità tecniche del controllo e passaggio in questi esercizi sono fondamentali i concetti tattici di: smarcamento, zona luce e tutto ciò che concerne una saggia occupazione degli spazi. Inoltre allenare i giocatori a farlo in spazi ridotti e sotto pressione gli aiuterà a crescere nelle gestione di queste situazioni.

Aspetto condizionale:

Principalmente forza. Aumentando e riducendo gli spazi delle nostre esercitazioni possiamo andare a sollecitare alcuni aspetti condizionali. Se consideriamo uno spazio di lavoro a singolo giocatore di 40 m2, sicuramente andremo a lavorare sulla forza.

Disposizioni generali:

Disponiamo 2 squadre da 5 elementi ciascuna in un campo di dimensioni 20mx20m, agevolando la squadra che si trova in possesso, con altri 5 elementi così disposti: 4 fuori dal quadrato (1 per lato) e 1 all’interno del quadrato. Si raccomanda di fare le squadre equilibrate e di avere a disposizione casacche di colore diverso per svolgere le rotazioni delle squadre nel più breve tempo possibile.

Regole:

Il possesso va giocato ad alta intensità per la durata di 3 minuti, allo scadere dei 3 minuti una delle 2 squadre che ha svolto l’esercitazione all’interno del quadrato scambia la propria posizione con la squadra che aveva lavorato all’esterno e così via. La durata può essere modulata in base alle capacità fisiche dei propri giocatori.

Variante:

In base ai giocatori a vostro disposizione e agli aspetti condizionali da toccare in seduta potete aumentare il numero dei giocatori o le dimensioni del campo.

Variante: 6vs6 + 6 jolly esterni.

Il “Sistema” o  “WM” secondo Guardiola.

Di Dario Fiumanò

Analisi tattica della partita Leeds – Manchester City del 28/12/2022.

Il Sistema detto anche WM

Agli albori del calcio la disposizione in campo derivava da concetti presi da altri sport già noti nel Regno Unito. Uno dei primi moduli infatti fu l’ 1-2-3-5 che prevedeva l’utilizzo di 2 soli difendenti, 3 in mediana e ben 5 attaccanti.

Negli anni però questo sport si è evoluto tantissimo e si è data molta importanza alla fase difensiva fino arrivare a squadre che hanno completamente invertito il concetto schierando l’1-5-3-2.

In questi ultimi anni il calcio ha subito un’ulteriore evoluzione, molte squadre infatti pur mantenendo gli stessi uomini in campo prevedono diverse disposizioni nel corso della partita. Molte squadre difendono con un 1-4-4-2 e poi attaccano con un 1-4-3-3, oppure impostano con 3 difensori e difendono a 4.

Nel calcio però non si inventa nulla, cambiano regole, allenamenti, velocità di esecuzione ma tutto quello che vediamo oggi è già stato proposto in passato.

Abbiamo parlato del Milan di Pioli che in modo molto aggressivo attacca gli avversari mantenendo una sorte di piramide rovescia (1-2-3-5 di cui sopra) quello che abbiamo visto essere il primo modulo diffuso nel mondo del calcio.

Uno dei più grandi innovatori del calcio moderno-contemporaneo è sicuramente Guardiola, ma anche lui ha ripreso concetti già affrontati quando ancora giocava tra le file del Barcellona del grande Johan Cruijff, così come quest’ultimo riprese molti concetti di un suo allenatore Rinus Michels. Dopo aver riportato alla lucei il falso terzino già proposto da Johan Cruijff , rispolverato il falso nueve che in passato veniva chiamato centravanti arretrato da Gusztáv Sebes, la sua ultima “invenzione” è stata quella di riprendere il concetto del Sistema o WM un modulo che prevede un 1-3-2-2-3 visto dall’alto appunto una WM.

Il Sistema detto anche WM

Qualche anno fa rimasi incuriosito da questo modulo e mentre lo provavo nei videogame cercavo di capire se il suo utilizzo avrebbe potuto trovare riscontro nella realtà e ai nostri tempi. Negli ultimi anni infatti da quando si è diffuso l’attacco a 3 mettendo da parte le classiche 2 punte è diventato molto difficile proporre difese a 3 pure senza l’utilizzo di esterni a tutta fascia. Moduli come L’ 1-3-ROMBO-3 infatti utilizzati tra gli altri anche da Bielsa hanno lasciato il posto al più comune 1-4-3-3 che consente di avere una copertura adeguata all’ampiezza contro l’attacco a 3.

Per onor di cronaca anche in passato ci fu un vero e proprio scontro ideologico, mentre nei paesi anglosassoni andava di moda il “Sistema” in Italia grazie a Vittorio Pozzo si sviluppava il “Metodo” un 1-4-3-3 con appunto il metodista al centro del progetto tattico, pensiero che ha dato il nome a questa pagina.

Nella partita del 28/12/2022 tra Leeds e Manchester City è andata in scena l’ultima trovata di Guardiola.

Si può notare con evidenza la WM utilizzata dal City.

Qui possiamo vedere in modo evidente come il tecnico del City propone in fase di possesso la WM. Il modo di interpretare le partite delle squadre di Guardiola facilità tutto questo. Infatti per subire poco sugli esterni bisogna avere pieno controllo dell’avversario che tradotto in termini Guardioliani vuol dire avere il pieno controllo della sfera.

Sempre la WM.

In realtà a difesa schierata il City difende con una linea di 4 difensori. Nel ruolo di falso terzino vi è il giovanissimo classe 2004 Rico Lewis, che difende da terzino e imposta da mediano.

Una delel rare volte il cui il City ha difeso a 4.

In realtà nel corso della partita sono rare le volte in cui possiamo vedere la linea difensiva a 4, perché di fatto il Leeds non riuscirà mai a mettere in difficoltà il City. Sarà una partita in pieno controllo con ben il 69% di possesso palla da parte del City e nei rari momenti in cui perde palla, il possesso avversario dura troppo poco per vedere il cambio modulo, in quanto le transizioni difensive del City verranno svolte sempre con il modulo con il quale sta impostando ovvero la WM.

Se volete approfondire la storia e l’evoluzione del gioco del calcio vi invito a leggere “La piramide rovesciata” di Jonathan Wilson al link: https://www.libreriauniversitaria.it/piramide-rovesciata-storia-calcio-vista/libro/9788861270220

ZEMAN IL “CRISTALLO” DI BOEMIA

di Luca Assumma

Io senza calcio non sto bene. Fosse per me arriverei a morire in tuta, a novant’anni, all’aria aperta, a insegnare pallone a qualche ragazzo che avesse ancora voglia di starmi a sentire”. E ancora: “Comallenatore ho la responsabilità per quello che si fa in campo, ma anche fuori. Per questo cerco di conquistarmi il ruolo di leader, per farmi seguire. Si dice che io incuta timore, ma per imporsi non ci sono spartiti precisi, bisogna cercare di farsi seguire, col buon esempio, attraverso il comportamento personale”. E infine: “Si vorrebbero sempre ragazzi bravi, belli, forti, ma non sempre ci si riesce. Ma a me piace lavorare più con quelli con cui c’è da fare, da discutere. Con questi si comincia con le buone, poi si finisce con le cattive, magari con qualche esclusione dalla squadra ma a me piace la gente che bisogna motivare, cui bisogna insegnare qualcosa”.

Forse, l’essenza di Zdeněk Zeman sta tutta in queste sue frasi. D’accordo, di maestri sul campo ce ne sono tantissimi e non solo nel calcio, specialmente scendendo fino alle categorie minori e a livello giovanile. Ma “Il Boemo” – vuoi perché è stato professore di educazione fisica a Palermo, vuoi perché è uno sportivo poliedrico (anche pallamano, nuoto, hockey su ghiaccio e pallavolo), vuoi perché ha iniziato la sua carriera in panchina sui polverosi campi dilettantistici siciliani, vuoi che a lui piace lavorare con calciatori giovani o provenienti dal basso talvolta lanciati fino alla ribalta internazionale dopo averne amplificato le doti – ispira l’immagine del maestro con i propri discepoli.

E c’è un’altra immagine che si evoca pensando a lui: è quella di uno Zeman a testa alta, dalle parole lentamente ponderate, talvolta sarcastiche, silenzioso ed impassibile (anche se coloro che lo conoscono bene raccontano il contrario), sempre avvolto da una coltre di fumo delle sue immancabili ed innumerevoli sigarette. Chiariamo: nessun riferimento al suo pensiero su “doping”, “Calcioscommesse”, “Calciopoli” e ad altre situazioni analoghe con risvolti extrasportivi, sulle quali comunque ci sarebbe da sottolineare il suo prendere posizioni coraggiose e nette, ma solo alla sua aura carismatica creatasi con tanti elementi.

Tra questi, c’è il pensare sempre ad attaccare, testimoniato dal suo spettacolare e pirotecnico 4-3-3, tecnico e palla a terra verticale, contraddistinto da una linea difensiva altissima pronta a mettere in fuorigioco gli avversari, esterni propulsivi sempre in sovrapposizione, centrocampo proiettato verso la metà campo altrui, attacco vorticoso e veloce senza punti di riferimento, con l’obiettivo dichiarato di segnare un gol in più dell’avversario.

Ma c’è, da sognatore lontano dal realismo, pure il mettere lo spettacolo davanti al risultato: “Si deve cercare di mantenere la passione dei tifosi e cercare di giocare per i tifosi. Dare spettacolo. Io penso che non basti vincere 1 a 0 per essere felici e contenti, se non si è dato niente alla gente. Penso che la gente debba tornare a casa contenta, che abbia visto qualche cosa, che si sia divertita. Pretendo che ogni giocatore dia il meglio di sé stesso, nel rispetto dell’esigenza di fare spettacolo. Se non vinciamo, nessun dramma. Mi basta che i ragazzi abbiano dato il massimo”.

Così come c’è il portare avanti al proprio credo tattico ed atletico, dentro il quale ci sono elementi leggendari come i “gradoni” e il “chilometro del carattere”, anche a scapito di vittorie e carriera, da applicare in modo certosino, per il quale non servono nomi, ma uomini fedeli e determinati: “Modulo e sistemi di allenamento non li cambierò mai. Per coprire il campo non esiste un modulo migliore del 4-3-3. Gli altri lavorano in base ai soldi, noi in base alle idee. Talvolta i perdenti hanno insegnato più dei vincenti. Penso di aver dato qualcosa di più e di diverso alla gente. Il risultato è casuale, la prestazione no”.

E il pensare e dire frasi forti, come “Alcuni giocatori si lamentano che faccio correre troppo? A Pescara vivo sul lungomare, e ogni mattina vedo un sacco di persone che corrono. E non li paga nessuno loro”.

Una figura, quella de “Il Boemo”, finita addirittura nella “Treccani” (“Zemanlandia” è stato inserito come neologismo come “sistema di gioco fantasioso e votato all’attacco ideato da Zdenek Zeman”) e diffusasi in ambito musicale, televisivo e cinematografico (basti pensare a “La coscienza di Zeman” di Antonello Venditti: “Il tempo sta scadendo ormai, tieni palla dai, il pareggio mai, tu non lo firmerai, perché non cambi mai, il sogno è intatto e tu lo sai”; al “Frengo” di Antonio Albanese a “Mai dire Gol” o ad alcuni documentari).

Certo, un grande fascino che attira in tanti, ma che non coinvolge (anzi, irrita) i detrattori. Ma Zeman, si sa, come tutte le grandi personalità, lo si odia o lo si ama. E ne si sottolineano la bacheca non ricchissima e gli esoneri o lo spettacolo creato in campo e l’entusiasmo generato intorno ad esso.

Parlando di Zeman si potrebbe evocare il lunghissimo (qui naturalmente incompleto) elenco di calciatori, campioni, buoni, normali o addirittura semplici gregari comunque affermatisi, lanciati e/o valorizzati da Il Boemo: da Totti, Nesta, Cafu, Signori, Schillaci, Immobile, Insigne, Verratti, Delvecchio e Di Vaio ai vari Bojinov, Caprari, Vucinic, Osvaldo, Kutuzov e Vignaroli passando per i “foggiani” Mancini, Signori, Baiano, Rambaudi, Di Biagio e Kolyvanov.

Oppure la stima di suoi illustri colleghi come Pep Guardiola (“Zeman è uno degli ultimi utopisti dal punto di vista della visionarietà del calcio. E’ un allenatore preparatissimo che vede il calcio sempre alla stessa maniera di come ha iniziato”), Arrigo Sacchi (“Tecnici come Zeman hanno certamente la dote di saper puntare su ragazzi molto giovani senza paura. Chi sa di calcio ha la capacità, la sensibilità di crescere un giovane, chi non sa di calcio utilizza invece i giocatori anziani perché spera appiano compensare le sue lacune come allenatore”), Carlo Ancelotti (“Zeman è uno che fa bene a questo sport, le sue idee sono sempre valide”), Antonio Conte (“Zeman è un maestro, il suo calcio mi è sempre piaciuto molto) e Carlo Mazzone (“Zeman è una bellissima persona, un grande professionista e ha un modo di interpretare un calcio nel quale la qualità tecnica viene privilegiata”).

Ma forse Zeman è meglio raccontarlo con alcuni aneddoti. Dalla “Madonna” vista da uno stremato Ciccio Baiano dopo gli allenamenti atletici alle “patate depurative” evocate da un affamato Beppe Signori, protagonisti insieme a Roberto Rambaudi del tridente zemaniano a Foggia. Così come i furti di birilli compiuti nei cantieri stradali a Palermo insieme al difensore Tebaldo Bigliardi per incrementare l’insufficiente numero di quelli forniti dalla società per gli allenamenti. E dalla sua passione per le carte, testimoniata dalle partite con Peppino Pavone, ds artefice insieme a Zeman e al presidente Pasquale Casillo del cosiddetto “Foggia dei miracoli”, e dal suo fedelissimo Maurizio Miranda, che narra del tecnico che si multò il doppio rispetto ai suoi giocatori scoperti al tavolo e con i quali si era unito fino a tardi.

Ma, ancora meglio, con le parole di tanti suoi giocatori, su tutte quelle dello spettacolare portiere dei “satanelli”, il compianto Franco Mancini: “Per il Maestro ho un affetto fortissimo che mi lega ancora a lui: è stato un padre, un fratello, un amico! Un uomo dal carisma unico: poche parole ma incisive”.

Luca Assumma

Nel 2021, a 74 anni, al ritiro estivo del Foggia, incurante del suo ruolo, a raccogliere le bottigliette rimaste sul campo a fine allenamento.

COSTANTINO, “IMPERATORE DEL CALCIO DI PROVINCIA”

di Luca Assumma

Se Costantino I, l’imperatore romano, favorì la diffusione del Cristianesimo a partire dal terzo secolo, un altro Costantino, Rozzi l’ascolano, fece altrettanto col calcio di provincia nei ruggenti anni ’70-’80.

Si potrebbero citare Romeo Anconetani e il suo Pisa, Domenico Luzzara e la sua Cremonese, Angelo Massimino e il suo Catania e altri patron.

Ma, forse, non solo grazie al gioco di parole col suo nome di battesimo, è proprio l’indimenticabile Costantino Rozzi, inevitabilmente abbinato al suo Ascoli, che può essere definito “Imperatore del calcio di provincia”, anche se per i suoi tifosi storicamente è stato “Il Presidentissimo”.

Al centro il presidente Costantino Rozzi con i suoi inconfondibili calzini rossi.

Quel calcio dell’umanità prima del business, quello ad una dimensione che si potrebbe considerare “artigianale”, se non addirittura “familiare”; quello dell’identificazione totale della società e della squadra col relativo territorio; quello dei pochi mezzi, ma della tanta passione; quello dei calciatori che giocavano per il proprio presidente; quello più vero, niente a che vedere con fenomeni come bilanci e plusvalenze tarocco, presidenze o fondi stranieri o il peso delle tv e di altri interessi economico-finanziari.

Quel calcio lontano non solo temporalmente, ma anche e, soprattutto, spiritualmente, da quello di oggi, sempre più indebolito a partire proprio negli ultimi anni di vita di Rozzi. Lo stesso che, nel lontano 1979, aveva incredibilmente profetizzato “A lungo andare avremo un campionato europeo con le più grosse società di ciascun paese e, parallelamente, un altro campionato a carattere nazionale se non addirittura regionale con le altre. Juve, Inter, Milan, Torino finiranno inevitabilmente nell’élite e le altre migliori si misureranno in un diverso torneo. Non c’è via d’uscita. Certo all’inizio avremo un trauma non indifferente ma quando ci saremo abituati tutto sembrerà più normale”.

Rozzi, alto e snello, dallo stile signorile in giacca e cravatta spesso accompagnate da un lungo abito beige, era famoso per la sua scaramanzia, incarnata dal colore rosso, declinato allo stadio nella sciarpa svolazzante e, soprattutto, per i leggendari calzini, attraverso i quali, scoprendoli alzando i pantaloni ed agitando le gambe in aria, cercava di portare un influsso positivo ai suoi undici in campo, che seguiva dalla panchina, da dietro le porte o addirittura in curva, come quando si mise ai tamburi a fianco degli ultras. E lo era anche per i suoi scatti di protesta contro arbitri ed avversari, che lo portavano ad essere talvolta espulso dal direttore di gara, e, principalmente, per le sue esultanti corse di gioia verso i suoi uomini e i suoi tifosi, come quel memorabile giro di campo per festeggiare la salvezza all’ultima giornata del torneo ’82-’83 dopo la drammatica vittoria contro il diretto concorrente Cagliari. Ma il numero uno ascolano era apprezzato anche per altro.

Insomma, Rozzi si contraddistingueva per la sua esuberanza, la sua simpatia, il suo entusiasmo, la grande capacità comunicativa, per la voglia di vincere per la sua terra e la sua gente e per l’insofferenza alla sconfitta andando oltre la dimensione sportiva. Elementi che caricavano l’ambiente ascolano con frasi come “Mi sento un giocatore, lotto”, “Il pubblico mi commuove in maniera particolare. Quando vedo i tifosi urlare e cantare tutta la loro passione,un nodo mi percorre la gola” e ”Prima di essere presidente dell’Ascoli, sono ascolano. Non dovete ringraziarmi di aver fatto una buona squadra. Ho la gioia di fare bene per la nostra città e di essere orgoglioso della nostra squadra”.

Ma non c’era solo ciò. Costantino Rozzi, ascolano verace come testimoniato dal suo divertente spiccato accento piceno, iniziò la sua epica avventura alla guida della società rappresentativa della propria città nel 1968. Curiosamente, Rozzi, costruttore edile digiuno di calcio (Ma chi sono quei pazzi che trascorrono il pomeriggio festivo a vedere una partita di calcio?si chiedeva vedendo i tifosi alla domenica), individuato come presidente da una cordata di altri imprenditori locali che avevano rilevato i bianconeri in Serie C, avrebbe dovuto essere un traghettatore. Invece, si innamorò del calcio e della propria squadra (“L’Ascoli è come una malattia, quando ti si attacca non ti lascia più”), guidandolo fino al 1994, anno della sua morte, per ben 26 stagioni, 14 delle quali in Serie A, rendendo il “Picchio” iconico.

Risale alla stagione ’71-’72 l’inizio della scalata che portò l’Ascoli ad essere uno degli emblemi del calcio di provincia italiana, società rappresentativa un piccolo centro intorno ai cinquantamila abitanti come quello piceno, per questo simpatica come il suo istrionico presidente, ma allo stesso tempo agguerrita sul campo e sana e funzionante negli uffici. Ed è proprio in quel torneo che si formò il legame tra Rozzi e un altro grande personaggio amato dai tifosi bianconeri, quel Carletto Mazzone ribattezzato dal patron “coccia pelata” sottolineando le carenze tricologiche del mister, col quale erano protagonisti di animate presenze in panchina o di siparietti come l’entrata negli spogliatoi prima dei match, il cappotto ammucchiato e lanciato in un angolo e la domanda “Che famo oggi? Si vince o no?”. Ma, soprattutto, si poserò anche le basi per l’inizio dell’epopea dei marchigiani nella massima serie, raggiunta nel ’73-’74 con l’allenatore trasteverino che condusse Ascoli Piceno nell’olimpo del calcio.

Il presidentissimo in una delle sue mosse scaramantiche

In quella Serie A mai toccata prima, i bianconeri sfiorarono per due volte la qualificazione in Coppa Uefa, prima nel ’79-’80, guidati da Gibì Fabbri, piazzandosi al quarto posto, e poi nell’’81-’82, ancora con Mazzone in panchina, arrivando sesti. Ci furono salvezze e retrocessioni, quella dell’’84-’85 e dell’’89-’90, prontamente rimediate con un immediato ritorno nella massima categoria. E ci fu anche una coppa europea, la Mitropa Cup nel 1987, vinta con Ilario Castagner mister. Negli anni ’80, il picco storico del “Picchio”, i marchigiani si accreditarono come provinciale terribile, specialmente in un ribollente stadio “Del Duca” raccontato dal mitico corrispondente di “Novantesimo Minuto” Tonino Carino, palcoscenico di prestigiose vittorie contro le squadre più blasonate, battute anche in trasferta.

Una promozione in serie B, quattro in serie A, una vittoria nella Mitropa Cup, un quinto e un sesto posto nel massimo campionato mancando l’Europa di un soffio, grazie ad una società tanto centralizzata quanto competente ed organizzata, pulita, razionale e parsimoniosa, volta a valorizzare i giovani (ancor meglio se locali), capace di portare nelle Marche anche giocatori importanti e pure un allenatore di calibro internazionale come Boskov, orgogliosa e combattiva, paladina delle piccole realtà contro ingiustizie arbitrali e piogge di miliardi di vecchie lire. Un palmares importante, quello de “Il Presidentissimo”, tale da cancellare umanamente e sportivamente la battuta dell’allora presidente dell’Inter Ivanoe Fraizzoli (“Che strada dobbiamo fare per venire ad Ascoli?”) e la velenosa uscita di un giornalista (“Ma cosa vorrà fare questa squadretta fra i mostri sacri della serie A?”) agli albori dell’avventura dei bianconeri marchigiani al vertice del calcio italiano.

Palmares non cancellato dal declino iniziato negli anni ’90 e proseguito dopo la scomparsa del patron, tra Serie B e Serie C, con le sole eccezioni del 2005-2006 e 2006-2007. Un declino non solo dell’Ascoli, ma anche del calcio che rappresentava Rozzi. Il presidente, sessantacinquenne, morì improvvisamente il 18 dicembre 1994. Al suo funerale venne salutato affettuosamente da migliaia di tifosi che bloccarono il centro storico della città.

Già, i suoi tifosi, sui quali, nel 1990, scorgendo il cambiamento, disse: “Ci saranno meno spettatori. Le televisioni danno la possibilità di vedere le partite e rivedere i gol. Solo il tifoso attaccato ed incallito verrà allo stadio”. Quei sostenitori bianconeri con i quali faceva camminate e chiacchierate prima delle partite, sentendosi un tifoso che faceva il presidente. Non per fare scena, ma perché era consapevole dell’aspetto socio-economico del calcio (“A vedere l’Ascoli tutte le classi sono coinvolte, non c’è distinzione fra intellettuale ed analfabeta e fra industriale ed operaio”) e perché percepiva l’importanza del suo ruolo di rappresentante di un popolo e di una terra ai quali era attaccato (“Se giustifichiamo le sconfitte, andiamo diretti in C. Io non lo permetto, per nessun motivo. Prima di tutto, c’è l’Ascoli. Dopo l’Ascoli, c’è l’Ascoli. Dopo l’Ascoli, c’è l’Ascoli. Anche se un giorno dovessi andare via, per il bene dell’Ascoli, l’Ascoli è un bene sociale della città” come dichiarò poco prima di morire) e che metteva in continua osmosi con la quadra (“Il calcio per noi non è soltanto un fatto sportivo. È un fatto sociale, che rappresenta la pedina di lancio per una provincia che per troppo tempo era rimasta in disparte. Per questo faremo di tutto perché la bella favola continui”). A testimoniare tutto ciò, ad esempio, dal suo attivismo per portare ad Ascoli la sede distaccata della facoltà di Architettura dell’Università di Camerino, inaugurata poco prima della sua morte. Altro che presidenti che arrivano da migliaia e migliaia di chilometri di distanza o che si spostano da una città all’altra in base agli interessi…

Costantino Rozzi, era buono ed allo stesso tempo sanguigno, genuino e contemporaneamente elegante, serio e nel contempo leggero. Era dinamico, decisionista, sapeva tirare il meglio dagli altri col suo carisma e la sua benignità. Era un vulcanico combattente, un dinamico trascinatore, un punto di riferimento sportivo ed umano.

Era un signore, prima che presidente. Un signore non solo per la provincia…

Il presidente scende in campo a festeggiare.

Esiste anche un sito dedicato interamente al presidentissimo che potete trovare al seguente indirizzo: http://www.costantinorozzi.it

Fantacalcio i top e i flop di questa settimana.

A cura di Danilo Fiumanò.

Grazie a mio fratello parte anche questa nuova rubrica dedicata agli allenatori d’italia o meglio, Fantallenatori.

  1. TOP 5
  2. TOPPINI
  3. FLOP 5
  4. FLOPPINI

TOP 5

In una settimana condizionata da molte partite di cartello era facile prevedere tra i top quei giocatori che l’hanno spuntata negli scontri diretti, e di conseguenza tra i flop i giocatori che ne sono usciti sconfitti.

Sepe: Il portiere della Salernitana para praticamente 2 rigori . Voto : 7.5 Quotazione attuale: 15 Quotazione di partenza: 9

Osimhen: Riesce nell’imprese di battagliare da solo contro la difesa atalantina facendo cadere a suoi piedi Demiral. Goal e assist. Voto : 11.5 Quotazione attuale: 34 Quotazione di partenza: 37 (al rientro dall’infortunio era 27)

Felipe Anderson: Come già detto prima l’esito degli scontri diretti influenza questa classifica e il falso nueve di Sarri che ha deciso il derby di Roma ci entra a mani basse. Voto : 10.5 Quotazione attuale: 22 Quotazione di partenza: 19

Fagioli: Per molti fantallenatori sarà stata una grande scommessa che li porta con 2 goal consecutivi a creare una grande plusvalenza. Goal più belle giocate. Voto: 10 Quotazione attuale: 8 Quotazione di partenza: 3 AFFARONEEEE!!!

Carlos Augusto: La spunta su Kostic, il voto è uguale ma ci andava di premiare un difensore, si sa quando i goal arrivano dai difensori è sempre meglio. Voto: 9.5 Quotazione attuale: 12 Quotazione di partenza: 8

Menzione speciale merita e allo stesso tempo demerita Giroud, il francese realizza un goal vittoria che porta i 3 punti alla sua squadra e ai suoi fantallenatori, ma commette l’errore di farsi espellere per esultare che costa un -1 riducendo il bonus goal.

TOPPINI

Ossia i bomber in saldo con un ottimo rapporto qualità prezzo sono: Colombo del Lecce voto : 10 Quotazione attuale: 7 Quotazione di partenza: 7 Okereke della Cremonese voto : 10 Quotazione attuale: 14 Quotazione di partenza: 13

FLOP 5

Abraham: Il top dei flop, non segna in generale da 7 gare e non si sblocca neanche nel derby. Il ragazzo si impegna ma un attaccante al Fanta deve segnare. Voto: 5.5…per l’impegno . Quotazione attuale: 22 Quotazione di partenza: 35

Ibanez : Vista la sua quotazione in crescita non sta facendo male anzi..però questa settimana ha fatto davvero male Voto: 4.5. Quotazione attuale: 12 Quotazione di partenza: 9

Demiral: Questa settimana marca Osimhen, può bastare questo a descrivere la sua giornata. Viene anche ammonito Voto: 4.5 Quotazione attuale: 13 Quotazione di partenza: 13

Fazio: Non più un ragazzi, giornata faticosa viene anche ammonito. Voto: 4.5. Quotazione attuale: 8 Quotazione di partenza: 6

Magnani: Come tutta la squadra non sta attraversando un buon periodo e si trova ultima in classifica, si fa anche espellere. Voto: 3.5 Quotazione attuale: 2 Quotazione di partenza: 3

FLOPPINI

I sottotono di questa settimana sono sicuramente le due punte dell’Inter, Lautaro e Dzeko un 5 a testa che fa contenti solo i tifosi della Juve. Da sottolineare in negativo: Lacumì: Non sta rendendo per come dovrebbe e si capisce dal calo della sua quotazione. Sorprende il voto nonostante la vittoria del suo Bologna. Voto: 4.5 Quotazione attuale: 6 Quotazione di partenza: 9 Fazzini: Non riesce a trovare continuità e spesso quando entra fa malino come questa settimana. Voto: 4.5 Quotazione attuale: 2 Quotazione di partenza: 1

Il calcio liquido di Pioli e del suo Milan

A cura di Dario Fiumanò

Ho deciso di analizzare la partita tra Milan e Juve dello scorso 8 Ottobre e approfondire alcuni aspetti di questo Milan. Mi sta incuriosendo tantissimo la sua capacità di muoversi in un modo che si potrebbe definire “liquido” senza mantenere posizioni rigide in campo ma in modo dinamico tale da occupare bene gli spazi che si vengono a creare. Spesso molti tifosi (così come fu per la Juve di Pirlo) quando non arrivano i risultati dicono frasi del tipo “ognuno va dove vuole” oppure “non si capisce con che modulo giochi” come se a quei livelli ci potesse essere una così tale disorganizzazione. Pioli è andato avanti contro ogni critica ed oggi è bellissimo ammirare questo suo “caos organizzato”, con lui i giocatori non parlano di ruoli ma di: “..spazi che vanno occupati” , così come ammesso dallo stesso Pioli in un’ intervista.

Anche se di base parte con un 1-4-3-3 possiamo vedere nel video come in fase di impostazione si sposta a 3 con Theo Hernandez nel ruolo di falso terzino, che stringe dentro il campo lasciando spazio sulla fascia a Leao, una soluzione già vista nel City di Pep Guardiola e prima ancora nel Barcellona di Johan Cruijff. Qui vediamo anche un ulteriore evoluzione del concetto con Theo Hernandez che prima occupa il ruolo di mezzala sinistra in un 1-3-3-4 ( Theo, Bennacer, Tonali) e poi stringe ancora affiancando Bennacer nel ruolo di centrocampista centrale in un 1-3-4-2-1 ( Leao, Theo, Bennacer, Diaz)

Evoluzione del modulo in pochi secondi
3-3-4 con Pobega che si alza ad affiancare Giroud.
3-4-2-1 con Tonali e Pobega nel ruolo di sottopunte molto simile al modulo di Gasperini con Pasalic e Malinovskyi a sostegno della punta.

Theo di tutti in campo sembra essere il giocatore più libero di muoversi, grazie alla sua falcata è capace di coprire ampi spazi in poco tempo, ciò gli permette di accompagnare spesso l’azione e di rientrare in breve tempo grazie anche ad un serie di marcature preventive messe in atto dai suoi compagni come vedremo nel video.

Col fermo immagine possiamo vedere prima Theo che calcia da una posizione di centro-destra insolita per un terzino sinistro.

Theo che accompagna nei 6 della piramide rovescia ( 1-3-6 )

E dopo le marcature preventive in quella che possiamo definire piramide rovescia 1-1-3-6 con Gabbia a garantire la copertura in profondità, invece Kalulu, Benacer e Tomori a dividersi il campo dietro i 6 giocatori che hanno accompagnato l’azione.

Gabbia fuori campo nella ripresa a coprire i 3 che invece marcano stretto dietro i 6 uomini offensivi.

Altra soluzione tattica in fase difensiva adottata dal centrocampo del Milan è quella di ruotare e disporsi in modo speculare agli avversari, passando da un centrocampo a 3 con un vertice basso (Bennacer) e 2 mezzeali (Tonali e Pobega) ad un centrocampo a 3 con 2 mediani (Tonali e Bennacer) e un vertice alto (Pobega)

Pobega che si alza su Locatelli.

Un altro giocatore che mi ha incuriosito è stato Pobega che in fase di non possesso si alzava e si abbassava spesso per marcare a uomo Locatelli.

Pobega segue a uomo Locatelli

Ma è in fase di possesso che mi ha stupito perchè spesso affiancava Giroud come una doppia punta. Se Giroud veniva incontro era lui a cercare la profondità nell’intento di allungare la difesa juventina, ma se Giroud usciva dalla posizione centrale era lui ad alzarsi e fare da ultimo riferimento offensivo.

Pobega come una punta

Altro giocatore che sta diventando assoluto è Tonali, ormai nella veste di tuttocampista. Molto generoso nei ripiegamenti difensivi ma altrettanto negli inserimenti lungo la fascia e per via centrali, capace di ribaltare il fronte nei “coast to coast” come il compagno Theo. Nel video lo vedremo anche fungere da punta in assenza di Giroud. In poco tempo è cresciuto molto nella gestione della palla, potremmo dire che sta in campo da veterano e corre come un ragazzino tanto che al 74esimo minuto lo vediamo assorbire in tranquillità un taglio di un più fresco Mckennie.

Anche in fase difensiva i giocatori del Milan vanno ad occupare qualsiasi zona con una difesa che potremmo definire “di uomo nella zona” una via di mezzo tra la marcatura a zona e la marcatura a uomo anche se spesso l’eccesso di aggressività la porta ad abbandonare completamente il concetto di zona e a ricreare duelli difensivi classici delle difese a uomo. Nel video vedremo Theo che parte in pressing anche lontano dalla sua zona di campo con Bennacer che va coprire la sua zona e che si ritrova ad assorbire il taglio di Mckennie nello spazio lasciato dall’uscita di gabbia.

Bennacer che copre l’uscita di Theo

Ecco se proprio devo fare una critica a questo Milan è che a volte ho la percezione che si esponga un po’ troppo. Capita che perdendo il possesso palla per difendere debba ricorrere agli straordinari con alcuni giocatori come Bennacer in questo caso, sforzi che alla lunga potrebbe sfiancare i suoi uomini. Sarà interessante capire se questo atteggiamento pagherà anche in Europa dove ogni errore può costare caro, un pò come successe all’Atalanta di qualche stagione fa con rendimento altalenante che concedeva spesso goleade agli avversari.

Altre volte tende a fidarsi molto degli 1 vs 1 in fase difensiva tanto da tralasciare le coperture come Pobega nel vidoe che vdremo.

Pobega non copre le spalle di Theo costringendo quest’ultimo al recupero.

In conclusione il Milan fa un gioco propositivo, veloce, dinamico, con un alta intensità come il calcio moderno ed Europeo richiede. Ha diverse soluzione per arrivare al goal, oltre gli strappi di Leao e Theo, può contare sugli inserimenti dei centrocampisti, su dei buoni tiratori da fuori e una buona media altezza (184 cm) che con una torre come Giroud gli consente di potersela giocare bene anche su palle alte e seconde palle. Che dire una media età di appena 25 anni ed una crescita in consapevolezza dovuta alla vittoria dello scorso campionato fanno del Milan una delle squadre più piacevoli del panorama Europeo.