A cura di Simone Pezzilli.
Il gioco del calcio, a detta di molti, è stato inventato in Inghilterra nella seconda metà del 1800 per poi diffondersi rapidamente nel resto del continente; si potrebbe quasi definire l’Europa come la “Patria degli strateghi del calcio”, dove nuove idee calcistiche proliferavano in ogni angolo e davano origine a nuove interpretazioni del gioco che hanno creato dei modelli vincenti.
Se però andiamo a ricercare il talento puro, quello che hai fin dalla nascita, il nostro sguardo non può che ricadere in Sudamerica, la “Patria dei geni del calcio”.
In quei Paesi la gente non è fortunata come in Europa, criminalità e povertà sono all’ordine del giorno e l’unico modo che hanno i ragazzi per sfuggire a ciò è rifugiarsi nel piccolo grande pallone.
Senza scarpe, senza un campo, talvolta senza un pallone ma solo con stracci appallottolati, i ragazzi trascorrono le loro intere giornate a divertirsi con gli amici. E giocare per strada ti permette di imparare molto di più che in una qualsiasi scuola calcio nel mondo.
Nelle comunità sudamericane il calcio rappresenta qualcosa di più rispetto a un semplice gioco. Per molti è questione vitale, lo si percepisce dall’atmosfera degli stadi: gradoni sovraffollati, un clima chiassoso dove ogni tifoso indossa la maglia della propria squadra e partecipa alla partita incessantemente, creando quel 12mo uomo in campo che tanto affascina noi appassionati.
Il tifo si tramanda di generazione in generazione, è quel qualcosa di magico ed eterno che ti accompagna per tutta la vita e anche oltre.
Tra le rivalità più sentite ci sono quelle del SuperClaásico Boca – River, il Flu-Fla (Fluminense – Flamengo), il Clàsico di Montevideo tra Peñarol e Nacional ed il Clàsico de Avellaneda tra Independiente e Racing.
Ed è proprio di quest’ultimo che andremo a parlare.
Avellaneda è una piccola città argentina situata a Sud della capitale Buenos Aires, calcisticamente divisa tra la predominanza biancorossa dell’Independiente ed i biancoazzurri del Racing Club.
Geograficamente i due mondi sono attaccati (i due stadi sono distanti solo 200 metri), ma ideologicamente sono lontanissimi.
La rivalità nasce nel 1909 quando l’Independiente (fondato nel 1905) si trasferisce ad Avellaneda, casa del Racing Club (fondato nel 1903). La prima partita terminò 3-2 per i biancorossi, che nel corso degli anni mantennero un predominio cittadino fino ai giorni d’oggi, dove sono la 3 e 4 squadra più vincente dell’Argentina, dopo Boca e River.
La testimonianza che riassume meglio in assoluto la rivalità tra le due squadre è questa foto, scattata nel derby del 9 marzo 2003.
Durante la partita il numero 27 del Racing scattando verso la porta venne abbattuto dal difensore centrale e capitano dell’Independiente Gabriel Milito. Subito intervenne a chiedere l’espulsione dell’avversario il centravanti Diego Milito, fratello minore di Gabirel. I due iniziano ad aggredirsi verbalmente, con anche insulti reciproci alla madre stessa che, nel frattempo, segue la vicenda sugli spalti e scoppiò a piangere, abbandonando la partita.
La rivalità calcistica era così forte da mettere l’uno contro l’altro due fratelli, ognuno a petto in fuori pronto a difendere le proprie ragioni.
Perché, come recita la frase mantra del tifo, “Nella vita si può cambiare la macchina, la casa, la moglie o il marito, ma non è possibile cambiare la squadra del cuore”
